L’inammissibilità della guerra (1995)

A mio avviso, ci si deve difendere anzitutto da una sia pur minima ammissione teorica della possibilità della guerra, con molta energia, approfondendone sempre più le ragioni […] Su questo tema oggi non è possibile partire da un piano che ammetta una qualsiasi esitazione. Anche se continuano i conflitti – e quali conflitti: così irrazionali, così assolutamente antiumani – questo non ci deve far pensare che sia un pensiero debole quello che possiamo offrire. È un pensiero fortissimo, è la ragione stessa della vita!

Bisogna avere una certezza assoluta, che per me cristiano è confermata nel Nuovo Testamento: la Croce di Cristo è un segno di riconciliazione universale e cosmica e implica di per sé, necessariamente, l’unità dell’uomo, di ogni singolo uomo, e l’unità di tutti gli uomini, e quindi l’esclusione della guerra. Ma anche sul piano razionale, basta considerare quali sono stati i dati dell’ultima grande guerra e quali sono i motivi per cui si è giunti agli attuali conflitti. Se si considera storicamente, si vede che i motivi sono tutti non validi, che tutte le ultime guerre, anche quella del Golfo e gli attuali conflitti, potevano facilmente essere evitate e sono state volute dall’uomo, da alcuni uomini, con deliberazione cinica, assoluta. Quindi dobbiamo acquistare una certezza interiore, che ci orienti poi nel nostro pensiero e ci faccia scavare in tutte le argomentazioni possibili in modo tale da essere sempre più ferrati e sempre più sicuri di quello che sosteniamo. Questa per me è la prima, fondamentale esigenza.

Questa certezza non l’avevano i nostri padri, non l’hanno avuta per secoli, salvo qualche rara figura qua e là, presto emarginata. Ora no, ora ci sono state le catastrofi di questo secolo, spaventose, indicibili, irrazionali al massimo, evitabilissime sino all’ultimo istante. Credo debba essere ferma questa convinzione che sale dal basso, attraverso la ragione, e che, per i cristiani, si fa incontro dall’alto, attraverso la rivelazione. I due movimenti non solo si sommano, ma si illuminano a vicenda […]

La rinascita dei nazionalismi, ad esempio, o la giustificazione ad oltranza del neocapitalismo, la non-volontà di condividere veramente, che diventa sempre più universale, nell’ambito di una certa area di cultura occidentale: questi sono fenomeni molto inquietanti. Questo revisionismo che accusa i decenni passati di irenismo superficiale, e il non consolidarsi di dottrine che abbiano una fondazione teorica nuova, davvero nuova, questo mi fa molta impressione.

(da Dialogo con l’Associazione Terra, memoria e Pace, 11 giugno 1995)